domenica 26 agosto 2012

135 - Sandford and Merton (leggere un testo letterario)

SANDFORD AND MERTON [adattato da Jerome K. Jerome, Tre uomini in barca (per non parlare del cane), Giunti]

Alla nostra scuola c’era un ragazzo che chiamavamo Sandford and Merton (1). Il suo vero nome era Stivvings. Era il tipo più straordinario che io abbia mai incontrato. Credo che studiare gli piacesse davvero. Prendeva sgridate terribili perché rimaneva sveglio a leggere i classici greci; quanto ai verbi irregolari francesi, non c’era assolutamente nulla che potesse impedirgli di studiarli. Aveva un sacco di principi strani e innaturali sul dare soddisfazione ai genitori e fare onore alla scuola; voleva vincere dei premi e diventare un uomo intelligente e aveva un mucchio di stupide idee come queste. Non ho mai conosciuto una creatura così strana, anche se era innocuo, innocuo come un bambino appena nato.
Bene, quel ragazzo si ammalava circa due volte a settimana, cosicché non poteva andare a scuola. Nessun ragazzo si ammalò mai quanto Sandford and Merton. Se nel raggio di dieci miglia si verificava il caso di una qualsiasi malattia, lui la prendeva, e nella forma più violenta. Si prendeva la bronchite nei giorni di gran caldo e la febbre del fieno a Natale. Dopo sei settimane di siccità, veniva abbattuto da febbri reumatiche; usciva nella nebbia di novembre e tornava a casa con l’insolazione.
Un anno lo addormentarono con i gas esilaranti, povero ragazzo, e gli estrassero tutti i denti e gli misero la dentiera perché soffriva di un atroce mal di denti, che poi si trasformò in nevralgia e in otite. Il raffreddore non lo abbandonava mai, tranne una volta per nove settimane durante le quali ebbe la scarlattina; i geloni poi li aveva sempre. Durante il grande allarme da colera del 1871, la nostra zona rimase stranamente immune. In tutto il paese fu registrato un solo caso, quello del giovane Stivvings.
Quando era ammalato doveva starsene a letto a mangiare pollo, budino e uva di serra; stava sdraiato e piangeva perché non gli lasciavano fare gli esercizi di latino e gli nascondevano la grammatica tedesca. E noi ragazzi, che avremmo fatto a meno di dieci anni di vita scolastica pur di ammalarci almeno per un giorno, non riuscivamo nemmeno a beccarci un torcicollo. Ci mettevamo in mezzo alle correnti d’aria, ma ci facevano bene e ci rinvigorivano; mangiavamo roba che ci facesse male, ma ingrassavamo e ci aumentava l’appetito. Non riuscivamo ad ammalarci con nessun espediente, fino all’inizio delle vacanze.
Allora, l’ultimo giorno di scuola, prendevamo raffreddori, tosse convulsa e ogni tipo di disturbi che duravano fino a quando ricominciava l’anno scolastico; allora, a dispetto di tutte le nostre manovre, guarivamo all’improvviso, stavamo meglio che mai.
Così è la vita; e noi non siamo altro che erba tagliata e messa a seccare nel forno.

(1) La storia di Sandford and Merton è il titolo di un romanzo per ragazzi, scritto da Thomas Day nel XVIII secolo

ESERCIZIO 1:
1- In quale epoca è ambientata la storia?
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2- Come si chiama il ragazzo di cui si parla? Come viene soprannominato?
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3- Perché secondo il narratore (il personaggio che racconta la storia) era un tipo straordinario?
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4- Che cosa studia questo ragazzo? Metti una crocetta al posto giusto:
     Š i classici greci
     Š la geografia della Germania
     Š i verbi irregolari francesi
     Š il latino
     Š le malattie del corpo umano
     Š la grammatica tedesca
5- Che cosa voleva diventare da grande?
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6- Quale strana cosa gli capitava regolarmente?
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7- Perché un giorno gli misero la dentiera?
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8- Gli altri ragazzi avevano le stesse caratteristiche di questo ragazzo?
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9- Quando gli altri ragazzi si ammalavano?
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10- Ti sembra che il racconto:
     Š narri una storia vera e credibile
     Š narri una storia esagerata, per far ridere
     Š narri una storia totalmente di fantasia, che non può essere vera
11- L’ultima frase del racconto è:
     Š vera
     Š falsa
     Š assurda

ESERCIZIO 2:
Nel racconto ci sono alcune parole derivate: trovale e scrivile nella casella giusta accanto alla parola da cui derivano, come nell’esempio:
grido
sgridate
sette

freddo

regola

secco

vigore

sole

natura

gelo

dente

grasso

strano



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