martedì 27 agosto 2013

185 - Le parole dell'Arte



Tralascio volutamente in questa lezione dedicata all’arte tutto ciò che ha a che fare con espressioni artistiche quali la fotografia, il cinema, il fumetto, eccetera, per occuparmi solo delle arti figurative “tradizionali”.

Le arti figurative comprendono la pittura, la scultura e l’architettura.

Una pittura
Una scultura
Un’architettura
Leonardo da Vinci,
Dama con l’ermellino
Donatello,
Monumento equestre al Gattamelata

Michelangelo Buonarroti, 
Palazzo Farnese

LA PITTURA

I SEGNI GRAFICI



1° esempio
2° esempio
Il punto
 
Paul Signac, L’albero di pino di Saint-Tropez
La linea
Egon Schiele, Autoritratto in camicia chiara

LA CAMPITURA

La campitura è il riempimento di una superficie (per esempio un foglio da disegno) con segni grafici, colore o altro.

1° esempio
2° esempio
Giacomo Balla, Equilibrio spaziale
Pablo Picasso, Autoritratto

IL COLORE

Esistono 3 colori primari:


Mescolando 2 colori primari, otteniamo 3 colori secondati:


Tutti gli altri colori si ottengono da varie combinazioni di colori primari e secondari.
Il bianco e il nero sono colori primari, però vengono detti acromatici (cioè privi di colore), perché il bianco è la somma di tutti i colori, il nero è la mancanza di tutti i colori.



LA LUCE

Dove c’è luce, c’è anche ombra. Luce e ombra permettono di percepire più facilmente il volume degli oggetti e delle persone, per questo in pittura c’è una grande attenzione a questi elementi della realtà. Il contrasto tra luce e ombra si chiama effetto di chiaroscuro (o più semplicemente chiaroscuro).
Lo sfumato (o sfumatura) è il passaggio graduale, morbido, tra zone illuminate e zone in ombra.

1° esempio:
George de la Tour, Maddalena penitente
 
2° esempio:
Claude Monet, due Studi sulla cattedrale di Rouen

LO SPAZIO

Un oggetto vicino appare più grande rispetto allo stesso oggetto lontano; infatti, gli oggetti hanno una dimensione proporzionata alla distanza.
Se in un dipinto gli oggetti hanno dimensioni proporzionate alla loro distanza, si crea l’effetto di profondità. L’effetto di profondità si ottiene non solo mediante le dimensioni degli oggetti, ma anche con il colore, o con effetti di disegno (se è lontano, l’oggetto può essere rappresentato in modo indefinito, poco chiaro).
Per rappresentare la profondità di uno spazio tridimensionale su una superficie bidimensionale si usa la prospettiva (o effetto prospettico).
La prospettiva si ottiene individuando delle linee che nella realtà sono parallele, ma ai nostri occhi sembrano convergere (= andare) verso uno o più punti, detti punti di fuga.
La prospettiva è stata studiata scientificamente e usata in pittura solo dal Quattrocento (= secolo XV).

1° esempio:

2° esempio:
Leonardo da Vinci, Studio prospettico per l’Adorazione dei Magi (particolare)
 

RITMO E MOVIMENTO

Ritmo e movimento si incontrano anche in pittura.
Il ritmo è dato dal ripetersi di elementi visivi (linee, forme, colori, volumi) secondo una logica precisa.

Esempio:
Werner Berg, Thomasnacht


Il movimento veniva rappresentato già nell’antichità, fissando un’azione nel suo momento culminante. Dall’inizio del 1900 due correnti pittoriche come il Futurismo e il Cubismo hanno dedicato molti studi a come rappresentare il movimento, grazie soprattutto alla fotografia.

1° esempio:
Affresco dalla Tomba del tuffatore di Paestum
2° esempio:
Marcel Duchamp, Nudo che scende le scale

LA COMPOSIZIONE

La parola composizione indica la scelta e l’uso degli elementi del linguaggio visivo per fare un dipinto, ottenendo un certo risultato estetico.
In ogni composizione si riconosce uno schema geometrico, che è dato dalle linee compositive, cioè da quelle linee che si vedono o si intuiscono in base alla forma e alla disposizione degli elementi nel dipinto.
Osserva il dipinto a sinistra (Piero della Francesca, Madonna con Bambino, santi, angeli e il duca Federico da Montefeltro) e confrontalo con lo schema geometrico a destra:

 

A volte Le linee compositive non sono una figura geometrica elementare o simmetrica, ma più complesse, e vogliono esprimere un ritmo, un movimento in una o più direzioni.
Osserva l’esempio seguente (Henri Matisse, Danza):


L’INQUADRATURA

Il pittore sceglie l’inquadratura, il punto di vista da cui vede ciò che dipinge.
Nella maggior parte dei dipinti l’inquadratura è la più ovvia, la più semplice, ma a volte il pittore può usare un’inquadratura insolita, inusuale.
Osserva i due esempi:

Vincent Van Gogh, Chiesa di Auvers.
Il pittore ha scelto un’inquadratura tradizionale, come quella che sceglierebbe un turista che volesse fotografare la chiesa
Edgar Degas, A teatro.
Il pittore vede la scena con gli occhi di uno spettatore seduto di fianco a una signora con il ventaglio

L’inquadratura scelta dal pittore mette in evidenza l’uno o l’altro dei diversi piani dell’immagine: il primo piano, i piani intermedi, lo sfondo.
Nel Medioevo la persona più importante veniva dipinta più grande rispetto alle altre, anche se non era in primo piano. Invece dal Rinascimento in poi l’importanza di un elemento viene sottolineata in altri modi: con la luce, le linee, con scelte particolari della composizione.

Giotto, Madonna in trono e Angeli.
La Madonna e il Bambino, anche se più indietro rispetto agli Angeli in primo piano o ai lati, sono più grandi degli altri personaggi, perché sono loro il soggetto del dipinto
Caravaggio, Sepoltura di Cristo.
Qui le proporzioni sono rispettate, però si capisce lo stesso che il soggetto principale è Cristo, perché la luce lo colpisce in maniera diretta e i gesti delle figure tracciano linee che convergono su di lui

LA SCULTURA

Scultura è un’opera che è dotata di un proprio volume e delle 3 dimensioni dello spazio: lunghezza, larghezza, profondità. Una scultura è un’opera che va vista, perciò, girandole attorno, anche perché la luce crea su di essa diversi effetti.
Anche il materiale con cui è fatta (pietra, marmo, bronzo, legno, argilla, gesso) assume a contatto con la luce aspetti molto diversi fra loro.
Una rappresentazione fotografica di una scultura è sempre molto limitata.

Osserva la stessa scultura (Antonio Canova, Le tre Grazie) da due punti di vista diversi:


L’ARCHITETTURA

L’architettura è l’arte che immagina, progetta e costruisce edifici, cioè spazi delimitati da un involucro esterno e con una struttura, una superficie e dei volumi concepiti con una finalità estetica (l’opera deve risultare bella), ma anche pratica (l’opera delle essere utilizzata): un’opera architettonica, infatti, non è fatta solo per essere ammirata, ma anche e soprattutto per essere vissuta. Il nostro corpo usa gli spazi dell’opera e noi percepiamo quegli spazi in maniera sempre diversa, perché ci spostiamo all’interno dell’opera: un edificio pubblico, una chiesa, un cortile, un colonnato, una scala, un aeroporto, una casa, eccetera.

1° esempio esterno:
La chiesa di San Nicolò a Treviso

2° esempio esterno:
La torre Debis di Renzo Piano a Berlino

1° esempio interno:
La basilica di San Marco a Venezia

2° esempio interno:
Il Centre Pompidou, un centro culturale e d’arte di Parigi





domenica 25 agosto 2013

184 - Le parole della Musica (con lezioni semplificate)


IL SUONO

Con l’udito noi percepiamo gli eventi sonori che ci circondano: suoni, rumori e voci. Gli eventi sonori sono sempre prodotti da qualcosa che si muove, cioè dalle vibrazioni di un materiale: metallo, legno, aria, corde, ecc.
Di solito chiamiamo suoni gli eventi sonori gradevoli e che ci piacciono, e chiamiamo rumori gli eventi sonori sgradevoli e che ci danno fastidio.
Secondo l’acustica (cioè la scienza che studia i fenomeni sonori)
-         un suono è dato da vibrazioni regolari ed è determinato e preciso
-         un rumore è dato da vibrazioni irregolari ed è indeterminato e impreciso.

Un suono si può rappresentare così
Un rumore si può rappresentare così

Un insieme di suoni (ma anche di rumori) particolarmente strutturato produce ciò che chiamiamo musica.

ESERCIZIO:
In ognuna delle immagini seguenti secondo te si può sentire un suono o un rumore?



L’ALTEZZA DEI SUONI

Per altezza dei suoni si intende il carattere di un suono, che può essere alto o basso.
Infatti ci sono suoni alti (il termine giusto è acuti) e suoni bassi (il termine giusto è gravi).
L’altezza dei suoni dipende dal numero di vibrazioni prodotte in un secondo, cioè dalla frequenza.


L’altezza dei suoni si misura in Hertz (Hz): un Hz corrisponde a una vibrazione al secondo.
Nel linguaggio musicale scritto l’altezza dei suoni si scrive con dei simboli precisi, detti note, collocati in base all’altezza più in alto o più in basso su un rigo formato da 5 linee, che si chiama pentagramma.

Note su un pentagramma

L’INTENSITÀ DEI SUONI

L’intensità dei suoni è data dalla forza e dalla potenza con cui un suono viene emesso.
Ci sono suoni più intensi (detti forti) e suoni meno intensi o più deboli (detti piani).

Osserva le immagini: in quale immagine l’intensità del suono emesso è secondo te più forte?


Nel linguaggio musicale scritto per indicare quando si deve suonare forte o piano, si usano delle sigle con le iniziali dei termini forte (f), piano (p) e mezzo (m).
Nell’immagine vedi le diverse possibilità:


Se un suono passa da un’intensità piana a un’intensità forte si ha un crescendo; al contrario si ha un diminuendo. Il passaggio di intensità viene rappresentato con segni detti forcelle.


Anche i rumori hanno una loro intensità.
L’intensità di suoni e rumori si misura in decibel. L’immagine seguente mette in scala alcuni oggetti e misura in decibel la loro intensità. A una certa intensità si arriva alla soglia de dolore, cioè il limite oltre il quale l’ascolto di suoni e rumori può far male al nostro udito (provocando anche sordità):


LA DURATA DEI SUONI

La durata di un suono è la lunghezza di quel suono, cioè la sua estensione nel tempo: infatti si misura in secondi. Così ci sono suoni lunghi, corti, molto lunghi, cortissimi, eccetera: c’è anche il silenzio, che può essere anch’esso lungo o corto.
Dalla durata dei suoni e dei silenzi dipende la velocità della musica; infatti
-         suoni corte e senza pause (silenzi) producono una musica veloce
-         suoni lunghi e con frequenti silenzi producono una musica lenta.
La velocità della musica si chiama anche andamento o movimento e viene scritta sugli spartiti musicali (uno spartito è il foglio in cui si scrive la musica) usando dei termini precisi. I principali sono 3:
1-     movimento (o andamento) lento: grave, lento, largo, adagio
2-     movimento (o andamento) moderato: andante, andantino, allegretto
3-     movimento (o andamento) veloce: allegro, vivace, presto, prestissimo.
Questi termini sono tutti di origine italiana, ma sono usati in tutto il mondo da secoli.

IL TIMBRO DEI SUONI

Il timbro di un suono è quella caratteristica tipica di un suono, che ci permette di capire da quale voce o da quale strumento è prodotto un suono.
Così esistono i timbri
-         della voce umana
-         del violino
-         del clarinetto
-         eccetera.
Il timbro di un suono dipende
- dal materiale, dalla forma e dalle dimensioni di uno strumento
Una tromba
 Un violoncello
Un tamburo

- dal mezzo vibrante che produce il suono: corde, fiato, legno, metallo
Nel violino ciò che produce la vibrazione sono le corde
Nel tamburo la vibrazione è prodotta da una membrana di pelle animale
La voce è uno strumento
che vibra con il fiato

- dal modo in cui lo strumento viene suonato: battendo, soffiando, pizzicando, strofinando.
L’oboe si suona soffiando
L’arpa si suona pizzicando
La batteria si suona battendo

IL RITMO

Un brano musicale è normalmente organizzato secondo una sequenza di battiti sempre uguali, cioè regolari, chiamati pulsazioni o tempi. Ciò produce il ritmo di un suono: il ritmo è appunto una successione regolare e ordinata di pulsazioni.
Anche dall’intervallo di tempo che passa tra una pulsazione e l’altra dipende la velocità della musica:
-         più l’intervallo è lungo, più la musica è lenta
-         più l’intervallo è corto, più la musica è veloce.
Lo strumento che scandisce le pulsazioni e che misura la velocità della musica si chiama metronomo.

Un metronomo

Ma perché una successione di battiti regolari abbia un ritmo, ci vuole anche un’altra cosa: l’accento forte.
Per capire questo discorso, si può pensare al semplice parlato.
Nelle normali parole che noi pronunciamo ci sono sempre degli accenti: ogni sillaba di una parola ha un accento, che cade sempre sulle vocali (a, e i, o, u), mai sulle consonanti. Ma all’interno di una parola c’è un solo accento forte, mentre gli altri accenti sono deboli.
Prendiamo la parola MUSICA: essa è formata da 3 sillabe
MU – SI – CA.
Questa parola si pronuncia mùsica, non musìca e nemmeno musicà.
Questo vuol dire che l’accento forte è quello sulla sillaba MU (si chiama sillaba tonica), invece nelle sillabe SI e CA l’accento è debole (si chiamano sillabe àtone).
In base alla posizione della sillaba tonica le parole della lingua italiana si distinguono in:
-         parole tronche (con accento forte sull’ultima sillaba): perché, felicità, tribù
-         parole piane (con accento forte sulla penultima sillaba): pesce, finestra, cestino
-         parole sdrucciole (con accento forte sulla terzultima sillaba): tavolo, cattedra, angolo
-         parole bisdrucciole (con accento forte sulla quartultima sillaba): andandosene, vendimelo.
In base alla quantità di sillabe di una parola si distinguono:
-         le parole monosillabe (con una sola sillaba): re, già, film
-         le parole bisillabe (con due sillabe): carta, luce, città
-         le parole trisillabe (con tre sillabe): amico, coraggio, fratelli
-         le parole quadrisillabe (con quattro sillabe): crepuscolo, elefante, comodità
-         le parole plurisillabe, o polisillabe (con più di 4 sillabe): decorosamente, contemporaneo.
Pronunciando di seguito tante parole con lo stesso numero di sillabe e l’accento forte sempre nella stessa posizione, si ottiene un ritmo.

IL RITMO BINARIO

Un ritmo binario si ottiene quando in una successione ritmica l’accento forte cade ogni due posizioni. In musica viene rappresentato come nell’immagine seguente:


Dove
- ogni battito è indicato con ·
- gli accenti forti sono indicati con F, quelli deboli con d
- la linea verticale che precede ogni accento forte si chiama stanghetta divisoria, o semplicemente stanghetta
- il raggruppamento di battiti tra una stanghetta e l’altra si chiama misura o battuta
- il tempo, cioè la quantità di battiti contenuti in ogni misura, è scritto all’inizio del tempo e il numero 2 indica appunto che siamo in presenza di un tempo binario
- alla fine dell’ultima misura si mette una stanghetta doppia.

IL RITMO TERNARIO

Il ritmo ternario si ha quando in una successione ritmica l’accento forte cade ogni 3 pulsazioni.


IL RITMO QUATERNARIO

Il ritmo quaternario è il raddoppio di un ritmo binario; perciò è formato da 4 accenti, di cui il primo è forte e gli altri 3 deboli.


IL PENTAGRAMMA E LE NOTE

Il pentagramma è il rigo musicale su cui si scrivono le note ed è formato da 5 linee e 4 spazi.
Sulle linee e negli spazi vengono scritte le note, cioè i simboli dei suoni. Più le note sono scritte in basso nel pentagramma, più il loro suono è grave; più sono scritte in alto, più il suono è acuto.


I nomi delle note sono di 2 tipi::
1- c’è la notazione sillabica (o guidoniana, perché introdotta  dall’italiano Guido d’Arezzo, vissuto tra il 992 circa e il 1050), secondo la quale le note si chiamano DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI
2- c’è la notazione alfabetica in uso nei paesi anglosassoni: A, B, C, D, E, F, G (corrispondenti a LA, SI, DO, RE, MI, FA, SOL).

Tutto ciò che gli insegnanti di Educazione Musicale fanno in classe da questo punto in poi, non può essere qui trattato, poiché, trattandosi di pura teoria, disgiunta dal fare concreto non avrebbe alcun senso. Mi limito a un elenco dei segni più usati nella scrittura musicale e a una loro semplice spiegazione.

SEGNO
IMMAGINE
SIGNIFICATO
Chiave di violino
o di SOL
È un segno convenzionale che fissa la posizione della nota Sol sulla seconda linea del pentagramma
Semiminima
È una figura di durata: il suo valore quantifica la durata relativa di una nota musicale in un quarto
Minima
È una figura di durata, il cui valore è la metà della semibreve
Semibreve
È il valore 1/1 di una nota musicale
Pausa di semiminima
Le pause sono dei segni che indicano la durata dei silenzi; ogni figura di durata ha una figura che indica la pausa corrispondente
Pausa di minima

Pausa di semibreve

Croma
È un valore che quantifica la durata relativa di una nota musicale in un ottavo
Sincope
È un particolare effetto ritmico e/o armonico
Semicroma
È una nota musicale di valore 1/16
Diesis
È il simbolo che indica che la nota a cui si riferisce va innalzata di un semitono
Bemolle
È il simbolo che indica che la nota a cui si riferisce va abbassata di un semitono


Il post continuerà prossimamente con lezioni relative alla Storia della Musica.