I FIGLI DEI SIGNORI TULLIVER (adattato da George Elio, Il mulino sulla Floss, Biblioteca di Repubblica)
«Quello che voglio», disse il signor Tulliver, «è dare a Tom una buona educazione: un’educazione che sarà per lui come il pane. Due anni di accademia sarebbero più che sufficienti, se volessi fare di lui un mugnaio o un fattore, perché ha fatto un bel po’ di più di scuola di quanta ne ho mai fatta io: le uniche spese che mio padre ha fatto per la mia educazione sono state un bastone da una parte e l’abbecedario dall’altra. Ma a me piacerebbe che Tom diventasse un po’ istruito, per essere all’altezza dei trucchi di questa gente che parla bene e scrive meglio. Non voglio che il ragazzo diventi un vero e proprio avvocato, anzi, mi dispiacerebbe per lui se diventasse un furfante; ma magari una specie di ingegnere, o un ispettore o un perito o uno di quei mestieri furbi che sono tutto guadagno e niente spese, a parte una grossa catena per l’orologio».
Il signor Tulliver stava parlando alla moglie, un’aggraziata donna bionda con una cuffia a ventaglio.
«Signor Tulliver, voi ci capite meglio e io non ho certo da fare obiezioni».
«Quello che mi chiedo, è come trovare la scuola giusta dove mandare Tom, perché potrei farmi fregare un’altra volta, come è già successo con l’accademia. Non voglio avere più nulla a che fare, con l’accademia: qualunque sia la scuola dove manderò Tom, di certo non sarà un’accademia. Sarà un posto dove i ragazzi non passano il tempo in attività come dare il nero alle scarpe dei maestri o raccogliere patate».
Il signor Tulliver rimase in silenzio per qualche minuto, infilando le mani nelle tasche dei calzoni, come se sperasse di trovarvi qualche suggerimento. Non dovette restarne deluso, perché subito dopo disse:
«Ecco cosa farò: ne parlerò con Riley, che arriva domani per valutare la questione della diga. Credo sia la cosa più giusta da fare: Riley va benissimo per consigliare una scuola. Lui pure è andato a scuola e adesso viaggia in lungo e in largo».
«Bene», disse la signora Tulliver, «se si tratta di parlare giusto e sapere ogni cosa, non ho nulla in contrario a tirare su il ragazzo così. Ma gran parte degli uomini dalla parlata fina che vengono dalla città, sono sporchi e usano vestiti lerci. Anche Riley è così. E poi, se Tom deve andare a vivere a Mudport, come Riley, avrà una casa con una cucina piccolissima e non avrà mai un uovo fresco a colazione e, per andare a dormire, dovrà fare tre o quattro rampe di scale, e se succede un incendio, morirà bruciato vivo prima di riuscire a scendere».
«No, no», disse il signor Tulliver, «non voglio mica che si trasferisca a Mudport! Invece», continuò Tulliver dopo una pausa, «quel che mi preoccupa è che Tom non abbia abbastanza cervello per diventare un tipo in gamba. Temo che sia un poco lento. Ha preso dalla tua famiglia, Bessy».
«Sì, proprio così», disse la signora Tulliver. «È incredibile quanto sale gli piace mettere nel brodo. E così faceva mio fratello e, prima di lui, mio padre».
«Però è un vero peccato», disse il signor Tulliver, «che sia stato il ragazzo a prendere dalla parte della madre, e non la piccola. Questo è il brutto degli incroci di razze: non si può mai calcolare bene che cosa ne verrà fuori. La piccola ha preso dalla mia parte, per adesso; è il doppio più sveglia di Tom. Fin troppo sveglia per una donna, temo», proseguì Tulliver, scuotendo incerto la testa prima da un lato e poi dall’altro. «Finché è piccola non sarà un gran guaio, ma una donna troppo sveglia non è meglio di una pecora con la coda lunga… mica serve a far salire il prezzo».
«Sì che è un guaio anche adesso che è piccola, signor Tulliver, perché la porta a essere monella. Come farla rimanere col grembiule pulito per due ore di seguito, è una cosa impossibile. E ora che mi fate venire in mente», proseguì la signora Tulliver, alzandosi e avvicinandosi alla finestra, «non so dove sia finita e ormai manca poco all’ora del tè. Ah, lo immaginavo… cammina avanti e indietro come una selvaggia vicino all’acqua: un giorno o l’altro ci cadrà dentro».
La signora Tulliver picchiò con decisione alla finestra, fece dei cenni e scosse la testa.
«Parlate di vivacità di mente, signor Tulliver», osservò lei sedendosi, «ma sono certa che la bambina è una mezza idiota in certe cose, perché se la mando di sopra a prendere qualcosa, si dimentica il motivo per cui l’ho mandata, e magari si mette a sedere sul pavimento sotto i raggi del sole, e rimane lì a intrecciarsi i capelli e a cantare come una demente, e nel frattempo io sono giù che l’aspetto. Questo, grazie a Dio, non si è mai visto nella mia famiglia e nemmeno quella carnagione scura che la rende tanto simile a un mulattiere».
«Bah, sciocchezze!», disse il signor Tulliver. «È una schietta ragazzina dagli occhi neri e nessuno potrebbe volere di meglio. Non saprei proprio dire in cosa è indietro rispetto ai figli degli altri; e sa leggere bene quasi come il Pastore».
ESERCIZIO 1:
1- Chi sono i due personaggi che parlano nel racconto? Che relazione di parentela c’è tra di loro?
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2- Di quali 3 altri personaggi parlano?
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3- Chi è la piccola, secondo te?
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4- Nel racconto vengono nominati anche altri tipi di personaggi, anche se in maniera semplice; indica quali, completando l’elenco già incominciato:
un mugnaio – un fattore - ___________________________________________________________
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5- Il padre del signor Tulliver ha educato il figlio con il bastone: cosa vuol dire?
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6- Come vengono considerati gli avvocati dal signor Tulliver?
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7- Di che colore ha i capelli la signora Tulliver? Qual è il suo nome proprio?
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8- Perché il signor Tulliver parla male delle accademie?
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9- Il signor Riley è andato a scuola: che cosa gli permette l’essere andato a scuola?
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10- Come sono gli uomini di città secondo la signora Tulliver?
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11- Se Tom andasse a vivere a Mudport, dice la signora Tulliver, potrebbe morire bruciato vivo; perché?
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12- Com’è Tom secondo il signor Tulliver?
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13- Com’è la piccola secondo il signor Tulliver?
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14- È un bene o un male che sia così?
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15- Com’è la piccola secondo la signora Tulliver?
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16- Cosa sta facendo la piccola mentre i signori Tulliver parlano?
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SCHEDA GRAMMATICALE:
IL MODO CONGIUNTIVO
Nel racconto ci sono alcune forme verbali (volessi, diventi, diventasse, sperasse, sia, si trasferisca, abbia, sia stato) che non hai studiato, perché sono un po’ difficili e neanche gli italiani le sanno usare bene. Si tratta di forme del modo CONGIUNTIVO, un modo del verbo che si usa per indicare qualcosa di possibile, o di incerto, o di desiderato. Non è necessario che un alunno straniero conosca il congiuntivo, visto che ormai viene sostituito dall’indicativo anche dagli italiani. Però almeno il CONGIUNTIVO PRESENTE dei verbi ESSERE e AVERE potrebbe anche conoscerli.
Eccoli qua:
congiuntivo presente di ESSERE
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Congiuntivo presente di AVERE
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(che) io sia
(che) tu sia
(che) lui sia
(che noi siamo
(che) voi siate
(che) essi siano
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(che) io abbia
(che) tu abbia
(che) lui abbia
(che noi abbiamo
(che) voi abbiate
(che) essi abbiano
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Si usa dire queste forme con il (che) davanti, perché il modo congiuntivo si usa soprattutto dopo un altro verbo che vuole la forma con il CHE; per esempio:
- io penso che la guerra sia una brutta cosa
- il professore ritiene che tu non abbia studiato abbastanza
- noi speriamo che voi siate d’accordo
- i politici credono che gli italiano abbiano poco cervello
ESERCIZIO 2:
Studia il congiuntivo presente di “essere” e di “avere”.
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