IL SUONO
Con l’udito noi percepiamo gli eventi sonori che ci circondano: suoni,
rumori e voci. Gli eventi sonori sono sempre prodotti da qualcosa che si muove,
cioè dalle vibrazioni di un materiale:
metallo, legno, aria, corde, ecc.
Di solito chiamiamo suoni gli eventi sonori gradevoli e che
ci piacciono, e chiamiamo rumori gli
eventi sonori sgradevoli e che ci danno fastidio.
Secondo l’acustica (cioè la
scienza che studia i fenomeni sonori)
-
un suono è
dato da vibrazioni regolari ed è determinato e preciso
-
un rumore è
dato da vibrazioni irregolari ed è indeterminato e impreciso.
Un suono si può rappresentare
così
|
|
Un rumore si può rappresentare
così
|
Un insieme di suoni (ma anche di
rumori) particolarmente strutturato produce ciò che chiamiamo musica.
ESERCIZIO:
In ognuna delle immagini seguenti
secondo te si può sentire un suono o un rumore?
Per altezza dei suoni si intende il carattere di un suono, che può
essere alto o basso.
Infatti ci sono suoni alti (il termine giusto è acuti) e suoni bassi (il termine giusto è gravi).
L’altezza dei suoni dipende dal
numero di vibrazioni prodotte in un secondo, cioè dalla frequenza.
L’altezza dei suoni si misura in Hertz (Hz): un Hz corrisponde a una
vibrazione al secondo.
Nel linguaggio musicale scritto
l’altezza dei suoni si scrive con dei simboli precisi, detti note, collocati in base all’altezza più
in alto o più in basso su un rigo formato da 5 linee, che si chiama pentagramma.
L’INTENSITÀ DEI SUONI
L’intensità dei suoni è
data dalla forza e dalla potenza con cui un suono viene emesso.
Ci sono suoni più intensi (detti forti) e suoni meno intensi o più
deboli (detti piani).
Osserva le immagini: in quale immagine
l’intensità del suono emesso è secondo te più forte?
Nel linguaggio musicale scritto
per indicare quando si deve suonare forte o piano, si usano delle sigle con le
iniziali dei termini forte (f), piano
(p) e mezzo (m).
Nell’immagine vedi le diverse
possibilità:
Se un suono passa da un’intensità
piana a un’intensità forte si ha un crescendo;
al contrario si ha un diminuendo. Il
passaggio di intensità viene rappresentato con segni detti forcelle.
Anche i rumori hanno una loro
intensità.
L’intensità di suoni e rumori si
misura in decibel. L’immagine
seguente mette in scala alcuni oggetti e misura in decibel la loro intensità. A
una certa intensità si arriva alla soglia
de dolore, cioè il limite oltre il quale l’ascolto di suoni e rumori può
far male al nostro udito (provocando anche sordità):
LA DURATA DEI SUONI
La durata di un suono è la lunghezza
di quel suono, cioè la sua estensione nel tempo: infatti si misura in secondi.
Così ci sono suoni lunghi, corti, molto lunghi, cortissimi, eccetera: c’è anche
il silenzio, che può essere anch’esso lungo o corto.
Dalla durata dei suoni e dei
silenzi dipende la velocità della musica;
infatti
-
suoni corte e senza pause (silenzi) producono una
musica veloce
-
suoni lunghi e con frequenti silenzi producono una
musica lenta.
La velocità della musica si
chiama anche andamento o movimento e viene scritta sugli
spartiti musicali (uno spartito è il foglio in cui si scrive la musica) usando
dei termini precisi. I principali sono 3:
1-
movimento (o andamento) lento: grave, lento, largo, adagio
2-
movimento (o andamento) moderato: andante, andantino, allegretto
3-
movimento (o andamento) veloce: allegro, vivace, presto, prestissimo.
Questi termini sono tutti di
origine italiana, ma sono usati in tutto il mondo da secoli.
IL TIMBRO DEI SUONI
Il timbro di un suono è quella caratteristica tipica di un suono, che
ci permette di capire da quale voce o da quale strumento è prodotto un suono.
Così esistono i timbri
-
della voce umana
-
del violino
-
del clarinetto
-
eccetera.
Il timbro di un suono dipende
- dal materiale, dalla forma e
dalle dimensioni di uno strumento
Una tromba
|
Un violoncello
|
Un tamburo
|
- dal mezzo vibrante che produce
il suono: corde, fiato, legno, metallo
Nel violino ciò che produce la
vibrazione sono le corde
|
Nel tamburo la vibrazione è
prodotta da una membrana di pelle animale
|
La voce è uno strumento
che vibra con il fiato
|
- dal modo in cui lo strumento
viene suonato: battendo, soffiando, pizzicando, strofinando.
L’oboe si suona soffiando
|
L’arpa si suona pizzicando
|
La batteria si suona battendo
|
IL RITMO
Un brano musicale è normalmente
organizzato secondo una sequenza di battiti sempre uguali, cioè regolari,
chiamati pulsazioni o tempi. Ciò produce il ritmo di un suono: il ritmo è
appunto una successione regolare e ordinata di pulsazioni.
Anche dall’intervallo di tempo
che passa tra una pulsazione e l’altra dipende la velocità della musica:
-
più l’intervallo è lungo, più la musica è lenta
-
più l’intervallo è corto, più la musica è veloce.
Lo strumento che scandisce le
pulsazioni e che misura la velocità della musica si chiama metronomo.
Un metronomo
Ma perché una successione di
battiti regolari abbia un ritmo, ci vuole anche un’altra cosa: l’accento forte.
Per capire questo discorso, si
può pensare al semplice parlato.
Nelle normali parole che noi
pronunciamo ci sono sempre degli accenti: ogni sillaba di una parola ha un
accento, che cade sempre sulle vocali (a, e i, o, u), mai sulle consonanti. Ma
all’interno di una parola c’è un solo accento forte, mentre gli altri accenti
sono deboli.
Prendiamo la parola MUSICA: essa
è formata da 3 sillabe
MU – SI – CA.
Questa parola si pronuncia
mùsica, non musìca e nemmeno musicà.
Questo vuol dire che l’accento
forte è quello sulla sillaba MU (si chiama sillaba tonica), invece nelle
sillabe SI e CA l’accento è debole (si chiamano sillabe àtone).
In base alla posizione della
sillaba tonica le parole della lingua italiana si distinguono in:
-
parole tronche (con accento forte sull’ultima sillaba):
perché, felicità, tribù
-
parole piane (con accento forte sulla penultima
sillaba): pesce, finestra, cestino
-
parole sdrucciole (con accento forte sulla terzultima
sillaba): tavolo, cattedra, angolo
-
parole bisdrucciole (con accento forte sulla
quartultima sillaba): andandosene, vendimelo.
In base alla quantità di sillabe
di una parola si distinguono:
-
le parole monosillabe (con una sola sillaba): re, già,
film
-
le parole bisillabe (con due sillabe): carta, luce,
città
-
le parole trisillabe (con tre sillabe): amico,
coraggio, fratelli
-
le parole quadrisillabe (con quattro sillabe):
crepuscolo, elefante, comodità
-
le parole plurisillabe, o polisillabe (con più di 4
sillabe): decorosamente, contemporaneo.
Pronunciando di seguito tante
parole con lo stesso numero di sillabe e l’accento forte sempre nella stessa
posizione, si ottiene un ritmo.
IL RITMO BINARIO
IL RITMO BINARIO
Un ritmo binario si ottiene
quando in una successione ritmica l’accento forte cade ogni due posizioni. In
musica viene rappresentato come nell’immagine seguente:
Dove
- ogni battito è indicato con ·
- gli accenti forti sono indicati
con F, quelli deboli con d
- la linea verticale che precede
ogni accento forte si chiama stanghetta divisoria, o semplicemente stanghetta
- il raggruppamento di battiti
tra una stanghetta e l’altra si chiama misura o battuta
- il tempo, cioè la quantità di
battiti contenuti in ogni misura, è scritto all’inizio del tempo e il numero 2
indica appunto che siamo in presenza di un tempo binario
- alla fine dell’ultima misura si
mette una stanghetta doppia.
IL RITMO TERNARIO
Il ritmo ternario si ha quando in
una successione ritmica l’accento forte cade ogni 3 pulsazioni.
IL RITMO QUATERNARIO
Il ritmo quaternario è il
raddoppio di un ritmo binario; perciò è formato da 4 accenti, di cui il primo è
forte e gli altri 3 deboli.
IL PENTAGRAMMA E LE NOTE
Il pentagramma è il rigo musicale
su cui si scrivono le note ed è formato da 5 linee e 4 spazi.
Sulle linee e negli spazi vengono
scritte le note, cioè i simboli dei suoni. Più le note sono scritte in basso
nel pentagramma, più il loro suono è grave; più sono scritte in alto, più il
suono è acuto.
I nomi delle note sono di 2 tipi::
1- c’è la notazione sillabica (o
guidoniana, perché introdotta
dall’italiano Guido d’Arezzo, vissuto tra il 992 circa e il 1050),
secondo la quale le note si chiamano DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI
2- c’è la notazione alfabetica in
uso nei paesi anglosassoni: A, B, C, D, E, F, G (corrispondenti a LA, SI, DO,
RE, MI, FA, SOL).
Tutto ciò che gli insegnanti di
Educazione Musicale fanno in classe da questo punto in poi, non può essere qui
trattato, poiché, trattandosi di pura teoria, disgiunta dal fare concreto non
avrebbe alcun senso. Mi limito a un elenco dei segni più usati nella scrittura
musicale e a una loro semplice spiegazione.
SEGNO
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IMMAGINE
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SIGNIFICATO
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Chiave di violino
o di SOL
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È un segno convenzionale che
fissa la posizione della nota Sol sulla seconda linea del pentagramma
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Semiminima
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È una figura di durata: il suo
valore quantifica la durata relativa di una nota musicale in un quarto
|
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Minima
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È una figura di durata, il cui
valore è la metà della semibreve
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Semibreve
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È il valore 1/1 di una nota
musicale
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Pausa di semiminima
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Le pause sono dei segni che
indicano la durata dei silenzi; ogni figura di durata ha una figura che
indica la pausa corrispondente
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Pausa di minima
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||
Pausa di semibreve
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||
Croma
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È un valore che quantifica la
durata relativa di una nota musicale in un ottavo
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Sincope
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È un particolare effetto
ritmico e/o armonico
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Semicroma
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È una nota musicale di valore
1/16
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Diesis
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È il simbolo che indica che la
nota a cui si riferisce va innalzata di un semitono
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Bemolle
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È il simbolo che indica che la
nota a cui si riferisce va abbassata di un semitono
|
Il post continuerà prossimamente con lezioni relative alla Storia della Musica.
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