sabato 8 agosto 2015

217 - Le fonti di energia



LE FONTI DI ENERGIA

Per millenni l’uomo ha avuto a disposizione per la sua vita solo la sua energia muscolare o quella degli animali e l’energia naturale che poteva ricavare dalla legna da ardere, o dall’acqua e dal vento: con queste fonti di energia ha fatto funzionare macchine come i mulini.

Vecchio mulino ad acqua nel nord della Francia

Con la rivoluzione industriale ha avuto bisogno di grandi quantità di energia, che ha prodotto prima utilizzando il carbone, poi il petrolio e i minerali radioattivi. Nel XIX secolo ha scoperto l’energia elettrica e il consumo di energia è aumentato ancora di più.
L’energia elettrica oggi viene prodotta in quattro principali tipi di centrali:
1-      le centrali idroelettriche, che sfruttano la caduta delle acque dei fiumi o dei laghi
2-      le centrali termoelettriche, che producono elettricità bruciando carbone, gas o petrolio
3-      le centrali geotermiche, che sfruttano il calore proveniente dal sottosuolo, attraverso fenomeni naturali di tipo vulcanico, come i soffioni boraciferi o i geyser, ampiamente utilizzati in uno Stato che ne è ricco come l’Islanda

La centrale geotermica Reykjanes in Islanda

4-      le centrali termonucleari, che utilizzano come combustibile alcuni minerali radioattivi, tra cui l’uranio.
Che cos’è l’energia nucleare?
L’energia nucleare è un’energia che si ottiene bombardando con particelle il nucleo dell’atomo (questo processo si chiama fissione); essa fu utilizzata per la prima volta a scopi militari durante la Seconda guerra mondiale, quando gli U.S.A. sganciarono una bomba atomica sulla città di Hiroshima il 6 agosto 1945. Dopo la guerra la fissione dell’atomo cominciò ad essere utilizzata anche a scopi pacifici per la produzione di energia elettrica; vennero create centrali nucleari in tutti i Paesi industrializzati, Italia compresa.

La centrale nucleare di Doel (Belgio) costruita attorno agli anni Settanta del XX secolo

Per produrre energia elettrica mediante una centrale termonucleare è necessario utilizzare l’uranio, un elemento che emette una particolare specie di raggi ed è perciò detto radioattivo. Dell’uranio viene utilizzata solo una minima parte (circa l’1%), cioè l’isotopo 235. Da anni si sta studiando il metodo di utilizzare interamente l’uranio, o la possibilità di creare energia nucleare non attraverso la fissione, bensì attraverso la fusione, cioè la formazione di un unico nucleo dall’unione di più nuclei; però finora si sono fatti solo degli esperimenti.
Negli anni Sessanta del secolo scorso l’energia nucleare era considerata ottima: era una fonte inesauribile (cioè che non finisce) e costava poco, perciò si pensava che avrebbe sostituito le altre fonti di energia. Però poi si capì che questa fonte di energia è piuttosto pericolosa e l’opinione pubblica (cioè la gente) si è divisa in due parti: chi è favorevole e chi è contrario al nucleare.

Una recente manifestazione antinucleare a Taipei (Taiwan)

La radioattività (l’emissione di raggi) è pericolosa, perché, se si viene a contatto con materiale radioattivo, come l’uranio, si può morire immediatamente, se la dose è molto forte, oppure a distanza di anni, in seguito a un tumore. Il pericolo c’è anche per i bambini e per le generazioni future: infatti i genitori colpiti da radiazioni rischiano di far nascere bambini deformi o già malati, destinati a morire in breve tempo.

A una mostra nelle Filippine organizzata da Greenpeace sulle conseguenze delle radiazioni sugli esseri umani

Le centrali nucleari, inoltre, sono pericolose, perché possono subire degli incidenti; nel 1986 un grave incidente accadde nella centrale di Chernobyl, in Ucraina. Morirono 65 persone e si dice che negli 80 anni successivi all’incidente moriranno in tutto per tumori altre 4.000 persone; ma secondo numerose associazioni antinucleariste internazionali, come Greenpeace, i morti saranno almeno 6 milioni. Nei giorni successivi all’incidente la radioattività si diffuse in tutta Europa, contaminando vegetali e animali, per cui divenne pericoloso mangiare verdure fresche e bere latte; la zona attorno alla centrale venne evacuata ed è stata completamente abbandonata.

Pryp'jat', a 3 km dalla centrale di Chernobyl è oggi una città fantasma

Coloro che sono favorevoli al nucleare dicono che il disastro di Chernobyl è unico e non si ripeterà più un altro incidente simile, perché le centrali nucleari sono sempre più sicure; nel mondo oggi ce ne sono in funzione più di 440, di cui la metà in Europa, e per molti anni non ci sono più stati gravi incidenti. Almeno fino al 2011, quando la centrale di Fukushima Dai-ichi, in Giappone, non ha subito quattro distinti incidenti, in seguito a un terremoto-maremoto; la zona in cui sorge la centrale è stata evacuata per chilometri e non sappiamo il numero di persone che sono state contaminate e che moriranno nei prossimi anni, ma l’incidente ha sicuramente convinto molte persone che l’energia nucleare continua ad essere pericolosa.

Un’immagine dell’incidente alla centrale di Fukushima Dai-ichi

Oltre al problema degli incidenti, c’è quello delle scorie, cioè del materiale di rifiuto prodotto quando si lavora l’uranio. Queste scorie rimangono radioattive per un lunghissimo periodo di tempo (oltre un milione di anni) e, anche se vengono chiuse in bidoni particolari, non si sa dove metterle, perché se venissero a contatto con l’ambiente, magari in seguito a un terremoto, si verificherebbe una contaminazione radioattiva, con gravi conseguenze.
Problemi di sicurezza ci sono anche nell’estrazione dell’uranio, poiché è un’attività altamente pericolosa e molti di coloro che lavorano nelle miniere di uranio muoiono, perché sono esposti a dosi letali di radiazioni.  Oggi il problema interessa gli Stati che sono i maggiori produttori di uranio, cioè l’Australia, il Kazakistan, il Canada, la Russia, il Sudafrica, la Namibia, il Niger e il Brasile.

La Miniera Rössing vicino a Arandis, in Namibia, è una delle più grandi miniere di uranio a cielo aperto del mondo

Tutte questi problemi hanno limitato in alcuni Stati la costruzione di centrali nucleari; per esempio in Italia dopo il disastro di Chernobyl un referendum (votazione) nel 1987 ha stabilito di non costruire più centrali nucleari e quelle che già c’erano sono ora inutilizzate.
Ma che cosa fare, visto che il mondo ha sempre più bisogno di energia?
Ricordiamo che i combustibili fossili (carbone, petrolio) sono destinati ad esaurirsi nel giro di circa un secolo (o anche meno) e che il loro uso sta creando gravi conseguenze ambientali, a cominciare dall’aumento della temperatura terrestre.
Da molti anni sono state individuate nuove fonti di energia, che sono chiamate “fonti di energia alternativa”.
La prima è quella solare, cioè quella che si può ricavare dal calore del Sole; essa è presente in tutto il pianeta ed è maggiore nelle regioni più vicine all’equatore, dove l’irraggiamento solare è più forte. Essa però non è facilmente sfruttabile su larga scala: le centrali solari hanno ancora basse rese, perché la quantità di energia solare utilizzabile è ridotta. È molto più produttiva se viene usata per il riscaldamento delle case o dell’acqua, attraverso i pannelli solari collocati, per esempio, sui tetti delle case; l’applicazione di questi pannelli permette di ridurre tutti i consumi energetici domestici e perciò il loro uso si sta diffondendo in molti Stati europei.

Andasol 1, la prima centrale ad energia solare prodotta in Spagna, nella provincia di Granada

Un’altra energia alternativa è quella eolica, cioè del vento, sfruttata da tempi molto antichi attraverso i mulini a vento. Attualmente generatori di elettricità azionati dal vento (le cosiddette pale eoliche) sono in funzione in diversi Stati europei; il paesaggio di questi Stati, soprattutto quelli dell’Europa settentrionale, è pieno di pale eoliche.

Pale eoliche nei pressi di Copenaghen (Danimarca)

Si può ottenere energia anche sfruttando le maree, cioè il costante innalzamento e abbassamento del mare (questo avviene soprattutto sulle coste dell’oceano Atlantico, dove le maree sono notevoli), oppure sfruttando il movimento delle onde del mare, o utilizzando il calore di scarico delle industrie e delle centrali elettriche, o recuperando i rifiuti urbani, o ancora sfruttando biomasse, quali grano, mais, canna da zucchero, eccetera. Complessivamente, però, tutte queste fonti alternative forniscono oggi solo una piccola parte dell’energia necessaria, soprattutto di quella utilizzata dalle industrie.
Per questo la ricerca delle fonti alternative è in continuo sviluppo e si accompagna anche agli studi sul risparmio energetico, cioè per evitare gli sprechi della società attuale, non solo nelle industrie, ma anche negli usi domestici più comuni; in fondo è molto semplice spegnere la luce in una stanza, quando non viene usata.

Universe of Energy, un padiglione nel Walt Disney World Resort a Bay Lake, Florida (USA):
il futuro sarà davvero pieno di energia?


SCHEDE SEMPLIFICATE (per alunni NAI):

Le fonti di energia sono i sistemi usati per avere una forza che fa un lavoro. Sono fonti di energia:

i muscoli dell’uomo,
usati per spaccare le pietre, per uccidere gli animali, per trasportare un oggetto, eccetera
 
la forza degli animali, usata per tirare un carro, un aratro, eccetera
il calore del fuoco, usato per riscaldare, cucinare, illuminare, tenere lontano gli animali, eccetera
 
la forza dell’acqua, usata per far girare la ruota di un mulino, per navigare su un fiume, per trasportare i tronchi degli alberi, eccetera
 
la forza del vento, usata per muovere una nave con le vele, per far girare le pale di un mulino a vento, per far volare un aquilone, eccetera
 
l’energia termica generata bruciando carbone, usata per le macchine a vapore, per far muovere i treni e i battelli a vapore, eccetera
 
l’energia termica ottenuta bruciando petrolio (e suoi derivati), per far muovere le automobili, riscaldare le case, far funzionare le fabbriche, eccetera
 
l’energia nucleare ottenuta spaccando il nucleo di un atomo, usata per produrre energia elettrica per le industrie e tanti altri scopi
 
l’energia solare ottenuta dal calore del Sole, usata per riscaldare le case e l’acqua, per avere energia elettrica, eccetera
 
l’energia eolica ottenuta dal vento, usata per produrre energia elettrica da utilizzare in casa, nelle industrie, eccetera
 




venerdì 17 luglio 2015

216 - Gli insediamenti e le città



GLI INSEDIAMENTI E LE CITTÀ

Nel 2009 la popolazione che vive in città nel mondo ha superato quella che vive in campagna; in questa lezione studiamo le diverse forme di insediamento umano e in particolare le città.
Esistono due tipi di insediamenti umani: quelli temporanei e quelli permanenti.
Insediamenti temporanei significa che vengono usati per un tempo limitato: sono caratteristici delle popolazioni nomadi o seminomadi che si spostano da una regione all’altra e per un certo periodo abitano in case facili da costruire e smontare, come le tende. In Europa il nomadismo è praticato da poche persone, per esempio i Rom, che vivono per lo più in centri appositi molto spesso fatti di baracche o case cadenti.

Un insediamento rom vicino a Poprad, in Slovacchia

Insediamenti permanenti significa che sono abitati per sempre o per periodi molto lunghi. Essi sono di due tipi principali: sparsi o accentrati.
Gli insediamenti sparsi sono case isolate e distribuite sul territorio; sono diffusi soprattutto nelle zone rurali, per questo, spesso, si tratta di case abitate da persone che lavorano nell’agricoltura. Una volta la casa dei contadini era formata dall’edificio usato per l’abitazione, da quello per gli animali (stalla e fienile) e da quello per le macchine e gli attrezzi; questi edifici sorgevano attorno a un’aia, cioè un cortile centrale, dove erano lasciati liberi i cosiddetti “animali da cortile”, cioè galline, anatre, oche, tacchini eccetera. Oggi gli agricoltori non allevano più il bestiame (tranne in qualche area dell’Europa orientale) e la stalla e il fienile sono diventati depositi o garage per le automobili; l’aia si è trasformata in spazio per i giochi dei bambini o in giardino. Accanto alla casa rurale si trova ancora, abbastanza spesso, uno spazio utilizzato come orto per la coltivazione di legumi da consumare in famiglia.

Una casa contadina nel Brabante Settentrionale (Paesi Bassi)

A volte le case sparse in campagna sono abitate da persone che lavorano in città durante il giorno, ma la sera vogliono stare tranquille in un luogo silenzioso. Per questo le loro case sono molto simili a quelle di città, oppure sono delle vecchie case contadine ristrutturate e trasformate in case moderne.

Casa di campagna nelle Marche (Italia)

Gli insediamenti accentrati possono essere formati da un numero molto diverso di abitazioni: un gruppo di poche case forma un casale o una borgata, un gruppo di tante case forma un centro abitato: se gli abitanti sono meno di mille abbiamo un villaggio, se gli abitanti sono da mille a 15.000 abbiamo un paese, se sono più di 15-20.000 abbiamo una città (ma questi numeri sono un po’ variabili e comunque c’è una bella differenza tra una piccola città e una grande città).
Un centro abitato viene costruito in un posto favorevole, per esempio dove c’è un fiume che permette di avere acqua, o dove c’è una campagna che si può coltivare, o dove la pianura permette facilmente di spostarsi, o dove c’è una collina che può permettere di difendersi da attacchi nemici.
La scelta del sito (cioè del luogo in cui costruire il centro abitato) ne determina la forma: ad esempio possiamo avere un villaggio lineare che si è sviluppato lungo una strada o un corso d’acqua, oppure un villaggio accentrato sorto attorno a un castello, o a una cerchia di mura, o all’ansa di un fiume, oppure un centro che ha assunto una forma irregolare del tutto casuale.

Il paesino di Loket (Repubblica Ceca) ha una forma circolare poiché è quasi completamente circondato dal fiume Eger

Rispetto al villaggio e al paese, la città non solo ha più abitanti ed edifici, ma anche permette agli abitanti di svolgere alcune funzioni molto importanti:
- la funzione residenziale, cioè quella di avere una casa vicino ad altre persone
- la funzione economica, cioè avere una casa vicino al luogo dove si lavora e vicino ai negozi e ai servizi (trasporti, banche, uffici, ospedali, scuole, eccetera) che sono necessari per la vita di tutti i giorni
- la funzione politico-amministrativa, cioè avere tutti gli edifici che servono alle persone che governano un territorio, come il Municipio, il tribunale, la Prefettura, il Parlamento  e così via.

Il complesso di edifici che formano il Parlamento austriaco a Vienna

Tutte le città sono formate da due parti principali: il centro e la periferia. Queste due parti, soprattutto nelle città più grandi, possono essere suddivise in aree chiamate quartieri o zone.
Il centro della città è la parte più frequentata, verso la quale si dirige il maggior flusso di persone, di mezzi e di merci, e dove si possono trovare numerosi negozi e uffici. Spesso il centro corrisponde alla parte più antica della città, per questo viene chiamato centro storico (old town in lingua inglese).

Centro storico di Cracovia (Polonia): nel centro storico ci sono di solito i monumenti principali e la piazza più grande della città

Nel centro storico delle città europee possiamo trovare antichi templi o teatri greci, se la città è di origine greca; oppure un anfiteatro, un arco trionfale, una porta nella mura se è di origine romana; oppure un castello, una cattedrale, un palazzo comunale se è di origine medievale; oppure grandi palazzi, ampi viali e grosse mura con bastioni se è di origine rinascimentale.



Ferrara (Italia) ha vaste zone di originale rinascimentale,
come questa accanto al Palazzo dei Diamanti

Molte città europee hanno subito pesanti bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale e sono state per questo ricostruite al termine del conflitto; la ricostruzione è avvenuta rispettando le forme originarie dei monumenti storici, oppure in forme completamente nuove per altri edifici, come ad esempio le stazioni ferroviarie. Nella prossima immagine vedi un caso particolare, quello di una chiesa di Berlino che è stata lasciata come l’ha ridotta il bombardamento, ma vicino è stata costruita un’altra chiesa di forma moderna e molto diversa.

La Gedächtniskirche di Berlino

Uscendo dal centro si procede verso la periferia, che può essere più o meno estesa a seconda dello sviluppo della città: mano a mano che ci si allontana dal centro storico i quartieri si fanno più moderni e specializzati, con zone industriali e artigianali con tante fabbriche, oppure con zone commerciali ricche di grandi ipermercati e centri commerciali, oppure ancora con zone di uffici vari.

Il distretto di La Défense a Parigi è un insieme di grattacieli adibiti a uffici, centri commerciali e appartamenti; si trova a ovest di Parigi, fuori dal suo comune, ma è parte integrante della capitale francese, raggiungibile in un tempo accettabile mediante la metropolitana

Quando una città supera il milione di abitanti siamo in presenza di una metropoli. Una metropoli può ingrandirsi e unirsi ad altri centri più piccoli, formando una conurbazione con molti milioni di abitanti.
In Europa quasi 40 città superano il milione di abitanti; ecco quali sono:


Città (Nazione)
Abitanti
1
Istanbul (Turchia)
13.854.740
2
Mosca (Russia)
12.197.000
3
Londra (Regno Unito)
8.615.000
4
San Pietroburgo (Russia)
5.197.000
5
Berlino (Germania)
3.562.000
6
Madrid (Spagna)
3.165.000
7
Roma (Italia)
2.872.000
8
Kiev (Ucraina)
2.619.000
9
Parigi (Francia)
2.274.000
10
Minsk (Bielorussia)
1.921.000
11
Barcellona (Spagna)
1.814.000
12
Bucarest (Romania)
1.803.000
13
Vienna (Austria)
1.793.000
14
Amburgo (Germania)
1.789.000
15
Budapest (Ungheria)
1.735.000
16
Varsavia (Polonia)
1.726.000
17
Belgrado (Serbia)
1.659.000
18
Novosibirsk (Russia)
1.523.000
19
Monaco di Baviera (Germania)
1.498.000
20
Charkiv (Ucraina)
1.494.000
21
Ekaterinburg (Russia)
1.412.000
22
Nižnij Novgorod (Russia)
1.358.000
23
Milano (Italia)
1.337.000
24
Sofia (Bulgaria)
1.270.000
25
Praga (Repubblica Ceca)
1.243.000
26
Kazan’ (Russia)
1.205.000
27
Bruxelles (Belgio)
1.168.000
28
Čeljabinsk (Russia)
1.156.000
29
Samara (Russia)
1.135.000
30
Omsk (Russia)
1.131.000
31
Rostov sul Don (Russia)
1.115.000
32
Ufa (Russia)
1.096.000
33
Birmingham (Regno Unito)
1.074.000
34
Colonia (Germania)
1.057.000
35
Perm’ (Russia)
1.036.000
36
Volgograd (Russia)
1.017.000
37
Odessa (Ucraina)
1.003.000


In Europa esistono 7 grandi conurbazioni: quella di Istanbul, quella di Parigi, quella di Londra, quella di Mosca, quella di San Pietroburgo, quella nei Paesi Bassi che comprende  le città di Amsterdam, Rotterdam, L’Aia, Utrecht e Leida e quella della Ruhr, in Germania, che comprende le città di Dortmund, Essen, Duisburg, Düsseldorf, Colonia e Bonn.

Veduta sul bacino della Ruhr, in direzione di Duisburg (Germania)

La rapida crescita delle città ha creato molti problemi, soprattutto nell’Europa meridionale, dove i governanti non hanno preso per tempo le necessarie misure contro il sovraffollamento, il traffico, l’inquinamento, la mancanza di servizi e di spazi verdi. Nelle città dell’Europa centro-settentrionale, invece, queste misure sono state prese e questi problemi sono quasi assenti.

Traffico in una via di Atene (Grecia) vicino al palazzo del Parlamento

Lo Slottsparken di Oslo (Norvegia): tutte le città dell’Europa centro-settentrionale
sono dotate di ampi e curatissimi giardini pubblici

giovedì 16 luglio 2015

215 - La civiltà europea



LA CIVILTÀ EUROPEA

L’Europa è un continente aperto, senza confini definitivi: se la guardiamo dall’alto (come nell’immagine seguente), vediamo che è solo una penisola a ovest dell’Asia.


Eppure l’Europa ha sviluppato nel corso di alcuni millenni delle caratteristiche culturali uniche, che formano quella che chiamiamo civiltà europea, la quale si è progressivamente diffusa e affermata in quasi tutto il mondo.
La civiltà europea riguarda tutti gli aspetti della vita umana: la vita materiale, quella sociale, quella culturale e quella economica. Per esempio è in Europa che è nata la moderna economia industriale e che si sono affermati, a partire dal Settecento, i concetti di democrazia, libertà e uguaglianza dei cittadini.
All’interno dell’Europa alcuni Paesi sono stati più importanti di altri per costruire la civiltà europea; sono i Paesi dell’Europa occidentale, cioè l’Inghilterra, la Francia, la Germania, la Spagna e l’Italia; a questi va aggiunta per importanza culturale la Grecia.

Nella cartina, in giallo gli Stati che maggiormente hanno contribuito alla formazione della civiltà europea, in rosa quelli la cui importanza è meno rilevante, in arancione la Grecia

La civiltà europea incomincia proprio con la Grecia. La Grecia non si limita (come avevano fatto altri popoli) a costruire scali commerciali sulle coste del Mediterraneo, ma crea molte e popolose città, dove gli abitanti coltivano i campi circostanti, producendo merci agricole pregiate (cereali, olio, vino): in questo modo i Greci dominano i commerci marittimi per secoli.
In una delle più importanti città della Grecia antica, Atene, viene sperimentata una prima forma di governo democratico: tutti gli individui liberi hanno uguali diritti e la possibilità di partecipare alla vita politica.
Nelle città greche nascono la filosofia occidentale, l’aritmetica, la geometria e l’astronomia moderne.
Per i Greci l’Europa è lo spazio da essi abitato (l’area del Mar Mediterraneo e del Mar Nero): le terre che ci sono al di fuori sono abitate da popoli barbari, selvaggi e privi di leggi.

Il Partenone di Atene, uno dei simboli più noti dell’antica civiltà greca

Coloro che per primi uniscono gran parte dell’Europa sotto un unico stato sono i Romani: il territorio che essi conquistano è molto grande e comprende quasi tutta l’Europa, l’Africa del nord e il Medio Oriente.
Nel loro impero i Romani disboscano enormi aree rendendole coltivabili; collegano regioni lontane con una rete stradale assai sviluppata; costruiscono numerose città e ingrandiscono quelle esistenti, con edifici e servizi pubblici, strade, ponti, acquedotti, fognature. I Romani introducono nei territori conquistati un’unica lingua, un’unica moneta e un’unica legge, con regole che vanno bene anche negli Stati europei moderni.

L’acquedotto romano du Pont du Garde in Francia, costruito nel 17 a.C.

A partire dal III secolo d.C. le invasioni barbariche provocano il declino dell’impero romano nella parte occidentale che finisce di esistere nel 476. Guerre e i saccheggi distruggono le città e le vie di comunicazione, fanno diminuire i commerci e i raccolti dei campi, molti dei quali tornano a essere ricoperti di boschi; la popolazione si riduce di numero, abbandona le città e si rifugia nelle campagne e, mescolandosi con i nuovi popoli, cambia lingua e costumi.

Il Tempietto longobardo di Cividale del Friuli (Italia) è una testimonianza della civiltà 
dei cosiddetti popoli barbari

Il periodo dal VI al X secolo (chiamato Alto Medioevo) vede molte guerre e violenze: il re per governare deve rivolgersi a tanti signori con cui stabilisce un patto di fedeltà; ma la fedeltà fa presto a scomparire.
In questi secoli la Chiesa cattolica è molto importante: la religione cristiana diventa la religione dominante in Europa (al posto del politeismo romano e barbarico), nelle campagne i monaci coltivano i campi e producono anche per i poveri, mentre nelle città i vescovi mantengono viva la civiltà romana, modificata secondo gli insegnamenti del Cristianesimo.

Veduta aerea dell’abbazia di San Gallo in Svizzera: qui vivevano i monaci benedettini

Dopo l’anno Mille, nel periodo del Basso Medioevo, si registrano una ripresa economica e una crescita demografica: le città tornano a svilupparsi con traffici commerciali, attività artigianali, arte (pittura, architettura, musica, poesia) e cultura.
Fra il ‘200 e il ‘300 si formano i primi stati nazionali (Francia, Spagna, Inghilterra), che costituiscono l’origine dei moderni stati europei.
Con la scoperta dell’America (1492) e l’inizio dell’Età Moderna c’è lo sviluppo economico degli Stati occidentali che si affacciano sull’oceano Atlantico: dapprima Portogallo e Spagna, poi Francia, Inghilterra e Paesi Bassi.

Il Monumento alle Scoperte a Lisbona (Portogallo)

Da allora l’Europa afferma la sua supremazia sul mondo: gli Stati dell’Europa occidentale danno vita al colonialismo, cioè la conquista e lo sfruttamento delle terre e delle popolazioni degli altri continenti. Ciò accadde prima in America, poi in Asia, Africa e Oceania, dove le potenze europee impongono le proprie lingue, le tradizioni culturali e religiose, i sistemi scolastici, gli stili architettonici, le modalità di organizzazione dello Stato. Il sistema economico è molto conveniente per gli Europei: essi prendono dalle colonie materie prime e prodotti agricoli a basso costo, perché fanno lavorare gli schiavi africani o pagano molto poco i lavoratori; inoltre costringono gli abitanti delle colonie a comperare i prodotti delle manifatture o delle fabbriche europee, così si arricchiscono ancora.
Il colonialismo infatti provoca enormi ricchezze, in particolare all’Inghilterra che nel Settecento inventa la rivoluzione industriale, un nuovo sistema di produzione, incentrato sulla fabbrica, in grado di fornire merci in serie e in grandi quantità con tempi e costi ridotti grazie all’uso di macchine.

In rosa l’Impero britannico nel 1897

Nell’Ottocento l’industrializzazione si estende agli altri stati dell’Europa centro-occidentale (e agli Stati Uniti d’America) e poi alle regioni meridionali e orientali: l’Europa è il continente più ricco e potente del mondo.
L’industrializzazione trasforma il territorio e la società: le città si ingrandiscono, la popolazione aumenta, la tecnologia e la scienza creano un continuo progresso. Con le due guerre mondiali, però, l’Europa perde la sua egemonia, a favore degli Stati Uniti d’America e della Russia, però la civiltà europea è ancora quella più diffusa su tutta la Terra.
Viene da chiedersi: perché?

Alcuni degli spettacoli in programmazione al Grand Theatre di Shanghai (Cina);
essi sono un esempio di come l’Europa abbia conquistato il mondo con la propria cultura