domenica 25 agosto 2013

184 - Le parole della Musica (con lezioni semplificate)


IL SUONO

Con l’udito noi percepiamo gli eventi sonori che ci circondano: suoni, rumori e voci. Gli eventi sonori sono sempre prodotti da qualcosa che si muove, cioè dalle vibrazioni di un materiale: metallo, legno, aria, corde, ecc.
Di solito chiamiamo suoni gli eventi sonori gradevoli e che ci piacciono, e chiamiamo rumori gli eventi sonori sgradevoli e che ci danno fastidio.
Secondo l’acustica (cioè la scienza che studia i fenomeni sonori)
-         un suono è dato da vibrazioni regolari ed è determinato e preciso
-         un rumore è dato da vibrazioni irregolari ed è indeterminato e impreciso.

Un suono si può rappresentare così
Un rumore si può rappresentare così

Un insieme di suoni (ma anche di rumori) particolarmente strutturato produce ciò che chiamiamo musica.

ESERCIZIO:
In ognuna delle immagini seguenti secondo te si può sentire un suono o un rumore?



L’ALTEZZA DEI SUONI

Per altezza dei suoni si intende il carattere di un suono, che può essere alto o basso.
Infatti ci sono suoni alti (il termine giusto è acuti) e suoni bassi (il termine giusto è gravi).
L’altezza dei suoni dipende dal numero di vibrazioni prodotte in un secondo, cioè dalla frequenza.


L’altezza dei suoni si misura in Hertz (Hz): un Hz corrisponde a una vibrazione al secondo.
Nel linguaggio musicale scritto l’altezza dei suoni si scrive con dei simboli precisi, detti note, collocati in base all’altezza più in alto o più in basso su un rigo formato da 5 linee, che si chiama pentagramma.

Note su un pentagramma

L’INTENSITÀ DEI SUONI

L’intensità dei suoni è data dalla forza e dalla potenza con cui un suono viene emesso.
Ci sono suoni più intensi (detti forti) e suoni meno intensi o più deboli (detti piani).

Osserva le immagini: in quale immagine l’intensità del suono emesso è secondo te più forte?


Nel linguaggio musicale scritto per indicare quando si deve suonare forte o piano, si usano delle sigle con le iniziali dei termini forte (f), piano (p) e mezzo (m).
Nell’immagine vedi le diverse possibilità:


Se un suono passa da un’intensità piana a un’intensità forte si ha un crescendo; al contrario si ha un diminuendo. Il passaggio di intensità viene rappresentato con segni detti forcelle.


Anche i rumori hanno una loro intensità.
L’intensità di suoni e rumori si misura in decibel. L’immagine seguente mette in scala alcuni oggetti e misura in decibel la loro intensità. A una certa intensità si arriva alla soglia de dolore, cioè il limite oltre il quale l’ascolto di suoni e rumori può far male al nostro udito (provocando anche sordità):


LA DURATA DEI SUONI

La durata di un suono è la lunghezza di quel suono, cioè la sua estensione nel tempo: infatti si misura in secondi. Così ci sono suoni lunghi, corti, molto lunghi, cortissimi, eccetera: c’è anche il silenzio, che può essere anch’esso lungo o corto.
Dalla durata dei suoni e dei silenzi dipende la velocità della musica; infatti
-         suoni corte e senza pause (silenzi) producono una musica veloce
-         suoni lunghi e con frequenti silenzi producono una musica lenta.
La velocità della musica si chiama anche andamento o movimento e viene scritta sugli spartiti musicali (uno spartito è il foglio in cui si scrive la musica) usando dei termini precisi. I principali sono 3:
1-     movimento (o andamento) lento: grave, lento, largo, adagio
2-     movimento (o andamento) moderato: andante, andantino, allegretto
3-     movimento (o andamento) veloce: allegro, vivace, presto, prestissimo.
Questi termini sono tutti di origine italiana, ma sono usati in tutto il mondo da secoli.

IL TIMBRO DEI SUONI

Il timbro di un suono è quella caratteristica tipica di un suono, che ci permette di capire da quale voce o da quale strumento è prodotto un suono.
Così esistono i timbri
-         della voce umana
-         del violino
-         del clarinetto
-         eccetera.
Il timbro di un suono dipende
- dal materiale, dalla forma e dalle dimensioni di uno strumento
Una tromba
 Un violoncello
Un tamburo

- dal mezzo vibrante che produce il suono: corde, fiato, legno, metallo
Nel violino ciò che produce la vibrazione sono le corde
Nel tamburo la vibrazione è prodotta da una membrana di pelle animale
La voce è uno strumento
che vibra con il fiato

- dal modo in cui lo strumento viene suonato: battendo, soffiando, pizzicando, strofinando.
L’oboe si suona soffiando
L’arpa si suona pizzicando
La batteria si suona battendo

IL RITMO

Un brano musicale è normalmente organizzato secondo una sequenza di battiti sempre uguali, cioè regolari, chiamati pulsazioni o tempi. Ciò produce il ritmo di un suono: il ritmo è appunto una successione regolare e ordinata di pulsazioni.
Anche dall’intervallo di tempo che passa tra una pulsazione e l’altra dipende la velocità della musica:
-         più l’intervallo è lungo, più la musica è lenta
-         più l’intervallo è corto, più la musica è veloce.
Lo strumento che scandisce le pulsazioni e che misura la velocità della musica si chiama metronomo.

Un metronomo

Ma perché una successione di battiti regolari abbia un ritmo, ci vuole anche un’altra cosa: l’accento forte.
Per capire questo discorso, si può pensare al semplice parlato.
Nelle normali parole che noi pronunciamo ci sono sempre degli accenti: ogni sillaba di una parola ha un accento, che cade sempre sulle vocali (a, e i, o, u), mai sulle consonanti. Ma all’interno di una parola c’è un solo accento forte, mentre gli altri accenti sono deboli.
Prendiamo la parola MUSICA: essa è formata da 3 sillabe
MU – SI – CA.
Questa parola si pronuncia mùsica, non musìca e nemmeno musicà.
Questo vuol dire che l’accento forte è quello sulla sillaba MU (si chiama sillaba tonica), invece nelle sillabe SI e CA l’accento è debole (si chiamano sillabe àtone).
In base alla posizione della sillaba tonica le parole della lingua italiana si distinguono in:
-         parole tronche (con accento forte sull’ultima sillaba): perché, felicità, tribù
-         parole piane (con accento forte sulla penultima sillaba): pesce, finestra, cestino
-         parole sdrucciole (con accento forte sulla terzultima sillaba): tavolo, cattedra, angolo
-         parole bisdrucciole (con accento forte sulla quartultima sillaba): andandosene, vendimelo.
In base alla quantità di sillabe di una parola si distinguono:
-         le parole monosillabe (con una sola sillaba): re, già, film
-         le parole bisillabe (con due sillabe): carta, luce, città
-         le parole trisillabe (con tre sillabe): amico, coraggio, fratelli
-         le parole quadrisillabe (con quattro sillabe): crepuscolo, elefante, comodità
-         le parole plurisillabe, o polisillabe (con più di 4 sillabe): decorosamente, contemporaneo.
Pronunciando di seguito tante parole con lo stesso numero di sillabe e l’accento forte sempre nella stessa posizione, si ottiene un ritmo.

IL RITMO BINARIO

Un ritmo binario si ottiene quando in una successione ritmica l’accento forte cade ogni due posizioni. In musica viene rappresentato come nell’immagine seguente:


Dove
- ogni battito è indicato con ·
- gli accenti forti sono indicati con F, quelli deboli con d
- la linea verticale che precede ogni accento forte si chiama stanghetta divisoria, o semplicemente stanghetta
- il raggruppamento di battiti tra una stanghetta e l’altra si chiama misura o battuta
- il tempo, cioè la quantità di battiti contenuti in ogni misura, è scritto all’inizio del tempo e il numero 2 indica appunto che siamo in presenza di un tempo binario
- alla fine dell’ultima misura si mette una stanghetta doppia.

IL RITMO TERNARIO

Il ritmo ternario si ha quando in una successione ritmica l’accento forte cade ogni 3 pulsazioni.


IL RITMO QUATERNARIO

Il ritmo quaternario è il raddoppio di un ritmo binario; perciò è formato da 4 accenti, di cui il primo è forte e gli altri 3 deboli.


IL PENTAGRAMMA E LE NOTE

Il pentagramma è il rigo musicale su cui si scrivono le note ed è formato da 5 linee e 4 spazi.
Sulle linee e negli spazi vengono scritte le note, cioè i simboli dei suoni. Più le note sono scritte in basso nel pentagramma, più il loro suono è grave; più sono scritte in alto, più il suono è acuto.


I nomi delle note sono di 2 tipi::
1- c’è la notazione sillabica (o guidoniana, perché introdotta  dall’italiano Guido d’Arezzo, vissuto tra il 992 circa e il 1050), secondo la quale le note si chiamano DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI
2- c’è la notazione alfabetica in uso nei paesi anglosassoni: A, B, C, D, E, F, G (corrispondenti a LA, SI, DO, RE, MI, FA, SOL).

Tutto ciò che gli insegnanti di Educazione Musicale fanno in classe da questo punto in poi, non può essere qui trattato, poiché, trattandosi di pura teoria, disgiunta dal fare concreto non avrebbe alcun senso. Mi limito a un elenco dei segni più usati nella scrittura musicale e a una loro semplice spiegazione.

SEGNO
IMMAGINE
SIGNIFICATO
Chiave di violino
o di SOL
È un segno convenzionale che fissa la posizione della nota Sol sulla seconda linea del pentagramma
Semiminima
È una figura di durata: il suo valore quantifica la durata relativa di una nota musicale in un quarto
Minima
È una figura di durata, il cui valore è la metà della semibreve
Semibreve
È il valore 1/1 di una nota musicale
Pausa di semiminima
Le pause sono dei segni che indicano la durata dei silenzi; ogni figura di durata ha una figura che indica la pausa corrispondente
Pausa di minima

Pausa di semibreve

Croma
È un valore che quantifica la durata relativa di una nota musicale in un ottavo
Sincope
È un particolare effetto ritmico e/o armonico
Semicroma
È una nota musicale di valore 1/16
Diesis
È il simbolo che indica che la nota a cui si riferisce va innalzata di un semitono
Bemolle
È il simbolo che indica che la nota a cui si riferisce va abbassata di un semitono


Il post continuerà prossimamente con lezioni relative alla Storia della Musica.

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